marginalia

a notebook

Tutto è inganno: cercare il minimo di illusioni, rimanere nella media, cercare il massimo. Nel primo caso si inganna il bene, in quanto ci si vuole rendere troppo facile conquistarlo, e il male, in quanto gli si pongono condizioni di lotta troppo sfavorevoli. Nel secondo caso si inganna il bene, in quanto non si aspira a esso neppure nelle cose terrene. Nel terzo caso si inganna il bene, in quanto ci si allontana da esso il più possibile, e il male, in quanto si spera di renderlo impotente esaltandolo al massimo. Di conseguenza sarebbe preferibile il secondo caso, poiché il bene lo inganniamo sempre, mentre in questo caso il male no, per lo meno in apparenza.

Franz Kafka – Aforismi di Zürau

Riflettevo, in questi giorni di relativa calma, sulla mia ignoranza. Su quanto, fatalmente, poco o nulla sappia su un’infinità di cose.

La consapevolezza della propria ignoranza è uno strumento potente, il pungolo che induce indurre a leggere, studiare ed elaborare per superare il nozionismo e, attraversando ignoranze successive, spostare in avanti la nostra conoscenza.

Il mio sogno nel cassetto, da ignorante riconosciuto, è infatti di potermi dedicare quasi solo alla lettura, alla ricerca e allo studio per il resto dei miei giorni. Ma questo è un altro discorso.

Occorre poi distinguere tra l’ignorante silenzioso che tace, su ciò che non sa e spesso anche su ciò che sa, e quello ciarliero che urla la propria ignoranza urbi et orbi.

Gioverebbe il silenzio, prezioso e ormai quasi introvabile in questo nostro mondo dominato dalla incontinenza verbale, incentivata e stimolata viepiù dagli ambienti digitali sociali. L’essere umano dei nostri tempi mi pare sia ormai questo, parla, scrive, si espone perché ambisce a un pubblico, vuole un seguito ed è in perenne ricerca di approvazione, a tutti i costi, anche a costo di mostrare e dimostrare la propria crassa ignoranza.

L’internet consente di accedere subito e con facilità estrema a una quantità mostruosa di informazioni, opportunità certo senza pari che porta tuttavia in dote un rischio da cui cerco da sempre di guardarmi, il nozionismo.

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Meno di quanto avrei voluto e potuto.

Con fatica e in maniera disordinata, leggendo anche più di un libro in contemporanea (pessima abitudine vero?).

Poi alcuni libri li ho iniziati e abbandonati, altri li ho comprati e sono li che mi aspettano.

C’è un bellissimo termine giapponese che descrive questa mia semi patologia:

Tsundoku 積ん読.

Ovvero comprare più libri di quanti ragionevolmente se ne possano leggere, lasciando che formino pile sul comodino, sul tavolo, sugli scaffali, in qualsiasi luogo della casa. Tsundoku non ha accezione negativa e però in me genera senso di colpa e frustrazione, ricordandomi la mia condizione perenne di lettore mancato.

…per farlo non c’è bisogno di conoscere tutto il complesso meccanismo che coordina le almeno tre dozzine di muscoli interessati, né le sette aree neuronali implicate, nel grattarselo.

Malvino

Questa notte ho letto La casa del sonno di Jonathan Coe e la notte pressoché insonne (direi quasi perfettamente in tema) credo testimoni più di mille parole quanto mi sia piaciuto questo libro; i personaggi, la trama nella costruzione e nello sviluppo e anche la scrittura. Bello.

Where Orwell wrote 1984, definitely a place I’d like to be.

Ieri sera tutto un traffico di sogni… Mi sono sognato che sognavo che ti sei sognata che ti sognavi di sognare me. Che bella balla che è il mondo.

Giovanni Previdi – Due fettine di salame, poesie.

Matt Salinger: ‘My father was writing for 50 years without publishing. That’s a lot of material’

What becomes clear is that he has been immersed in his father’s material for years – pages typed on Underwood and Royal typewriters, as well as what Salinger called “his squibs, or his fragments” on ordinary paper cut into eighths: “a lot of handwritten, very small notes”. When he began work in 2011, Matt never expected it would take eight years.

A lot of handwritten, very small notes, music to the ears of an analog writer like me.